Un buon anno insieme
Il buongiorno si vede dal mattino. Non è forse così? Ed ecco allora che a salutare l’anno nuovo, al Lacor sono nati ben 22 bambini. 22 promesse di futuro per una comunità che ancora soffre i segni della guerra civile, delle pandemie e delle recenti crisi.
22 fragili vite venute al mondo tra le mani sapienti delle ostetriche del Lacor.
Una rapida occhiata ai parti assistiti dello scorso anno rende bene l’idea: 8.839 di cui 3.051 solo nei tre centri sanitari periferici.
Questi avamposti di salute hanno un immenso vantaggio per la popolazione locale; sono vicini alla gente, la lunga mano dell’ospedale che presidia i villaggi più lontani disseminati nella savana.
Lo sa bene Irene, che ha atteso l’ultimo minuto per chiedere assistenza. Era impegnata nei campi che quest’anno fanno disperare: le piogge hanno cambiato passo, sono diventate imprevedibili e così i ritmi di semina e raccolto sono sconvolti; non ci si può assentare se non si vuol perdere tutto.
Ma era impegnata anche a star dietro ai suoi bambini, già quattro.
Quando la piccola che portava in grembo ha chiesto di nascere si è messa in cammino per raggiungere Amuru, il presidio sanitario più lontano dal Lacor, di recente ristrutturato. Irene è arrivata febbricitante; un prelievo di sangue e Millie, esperta tecnica del piccolo, ma attrezzato, laboratorio di analisi di Amuru, ha scoperto il perché: malaria.
La malaria è una cattiva compagna, soprattutto in gravidanza: la sua presenza aumenta i rischi sia per la mamma che per il bimbo. Ma Irene è stata subito assistita e curata; ogni centro sanitario del Lacor ha personale preparato e farmaci per affrontare le prime emergenze. E la malaria è tra queste.
Oggi Irene sta bene e stringe tra le braccia la piccola Mic. Il suo nome, in Acholi, significa “dono”.
Buon anno insieme.