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18 Gennaio 2019

Piccolo principe

PICCOLO PRINCIPE MIA 285 Tutto nasce dal ritrovamento di un libriccino ingiallito, Il Piccolo principe, di Antoine de Saint Exupéry, nella biblioteca di casa con una preziosa dedica di Lucille alla figlia Dominique. Lo stesso libro era stato regalato, anni dopo, da Piero a Contardo. Non si trattava di un caso dunque, ma di una scelta: quelle pagine costituivano un vero e proprio testamento, il passaggio di un testimone dal significato profondo. E lo costituiscono ancor oggi per noi.

Scrive Contardo: “Regalandomi quel libro Piero e Lucille mi trattavano come un figlio e mi tramandavano quello che dovevano ritenere il messaggio più prezioso ed importante. Mi sono rimesso a leggerlo, ed in esso ho trovato tutto lo spirito e la vita di Lucille e Piero. Tralasciando la pur importante metafora cristiana, innumerevoli sono i passaggi che riflettono gli ideali e la “sensibilità” sognatrice, ma concreta e creativa di Piero e di Lucille.

Come il Piccolo Principe, anche Piero sembrava venire da un altro pianeta. Aveva due binari paralleli: uno sul quale camminava costantemente, era quello del suo ospedale. L’altro era quello della nostra vita di tutti i giorni: su questo ogni tanto saltava, per poi tornare immediatamente all’altro, quello dell’ospedale, quello cui apparteneva.

Come il Piccolo Principe anche Lucille era innamorata del suo pianetino, piccolo, un puntino nell’Africa immensa, ma che sentiva come il centro dell’universo.

Davvero, per Piero e Lucille, il loro ospedale africano era la rosa del piccolo principe. “Non una rosa ordinaria fra mille”, ma la “loro rosa”, quella che avevano innaffiata con cura, protetta dalle correnti d’aria con un paravento, dal freddo della notte con una campana di vetro, preservandone anche le spine, perché potesse difendersi dagli animali. Era la rosa per la quale vale la pena di morire!

“Non si vede bene se non con il cuore” – dice la volpe saggia al piccolo principe.

Piero e Lucille sapevano guardare con il cuore: il deserto per loro era bello “perché nasconde sempre un pozzo d’acqua fresca”, tanto più preziosa perché conquistata “dopo una lunga notte di marcia guidati dalle stelle” e “attinta con lo sforzo delle proprie braccia”.

Sapevano sognare, Piero e Lucille. Dice ancora Saint Exupéry, il romantico pilota scomparso misteriosamente a bordo del suo aereo in un ultimo volo di ricognizione: “Fai della tua vita un sogno, e del sogno, una realtà”. Già, un sogno per la vita e tutta la vita per un sogno. Oggi una magnifica realtà, che ha però ancora e sempre bisogno di cure, di acqua fresca, di paraventi, di campane di vetro, e anche di spine. Ha bisogno di qualcuno -di molti- che lo nutrano e lo coltivino, che lo facciano proprio. “Tu diventi responsabile, per sempre, di quello che hai addomesticato” dice la volpe saggia.

Chi ha conosciuto Piero e Lucille vada a rileggersi Il Piccolo Principe: avrà la gioia di ritrovare due vecchi amici. Chi non li ha conosciuti avrà la chiave per comprenderli.

A noi rimangono le parole flebili, ma potenti, del piccolo principe ormai sul punto di morire alla terra per ritornare là di dov’era venuto, alla sua vera patria: “Tu sai… la mia rosa… io ne sono responsabile! E lei è talmente fragile! Ha solo quattro spine da niente per proteggersi dal mondo….”

A noi rimane la “fedeltà a un fiore fragile” di Lucille e Piero. Per una rosa così, vale la pena di vivere“.

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