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09 Ottobre 2024

Il laboratorio, un eroe silenzioso

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Medici, infermiere, ostetriche… raccontiamo spesso la loro professionalità e dedizione. Sono protagonisti indiscussi di ciò che il Lacor continua a fare da 65 anni in Nord Uganda. Ma dietro ad ogni diagnosi, ogni cura e ogni guarigione c’è il lavoro instancabile del laboratorio e di chi ci lavora.

Un’intervista di Alfred Oryem, responsabile comunicazione del Lacor, ci porta a conoscere la storia di questo servizio, che dal 2004 è guidato da Robert Ocakacon.

La storia del laboratorio principale del Lacor comincia con scarsi strumenti a disposizione e un’unica stanza; oggi ne ha diverse, un intero piano dell’ospedale, ristrutturato da Brother Elio qualche anno fa.

Ricordo bene gli inizi,” racconta Robert, che all’epoca era un tecnico di laboratorio. “Avevamo appena riaperto la scuola di formazione per assistenti di laboratorio con circa venti studenti.” Era stata chiusa a causa dell’insurrezione della Lord Resistance Army perché la maggior parte del personale tecnico aveva lasciato gli studi per tornare nei villaggi.

Nonostante le difficoltà, il laboratorio ha giocato un ruolo cruciale durante l’epidemia di HIV in Uganda e i suoi servizi diagnostici si sono rivelati essenziali per gestirla.

Poi è arrivata l’Ebola; era il 2000. Molte strutture sanitarie hanno chiuso per paura della malattia, ma il Lacor è rimasto aperto. I Centri di controllo per le malattie statunitensi hanno allestito un servizio per i test del DNA per confermare i casi, ma il laboratorio dell’ospedale ha continuato a gestire la maggior parte del lavoro diagnostico nonostante i rischi di contagio fossero altissimi.

L’epidemia di Ebola ci ha messo a dura prova,” ricorda Robert. “Ci stavamo confrontando con un virus mortale, ma chiudere le porte non è mai stata un’opzione. La comunità aveva bisogno di noi e noi eravamo determinati a esserci.

Dopo la morte di Matthew Lukwiya, nostro leader, la paura era tanta, tutti si chiedevano quale fosse la strada da seguire”. Ma gli alti standard di sicurezza e le procedure di isolamento messe in piedi dallo stesso Matthew si rivelarono efficaci e l’epidemia fu contenuta. “Dovevamo trattare ogni campione come se provenisse da una persona infetta da Ebola”, ricorda Robert.

Negli anni, abbiamo affrontato altre sfide: le epidemie di colera e la recente pandemia di COVID-19. Durante il Covid, più della metà del personale era in quarantena, ma il laboratorio ha continuato a funzionare. E’ stato difficile tenere il passo con le richieste che provenivano da ogni reparto e anche da altri ospedali, ma siamo andati avanti.”

Oggi, nel laboratorio principale del Lacor lavorano 16 persone, a cui si aggiungono le quattro operative presso il piccolo laboratorio nell’ambulatorio HIV; molte provengono dalle scuole del Lacor dove ogni anno più di 70 giovani studiano per diventare tecnici di laboratorio.

Era una stanza con pochi strumenti, oggi è un intero dipartimento dove si effettuano oltre 440 mila indagini l’anno.

E non è solo un servizio diagnostico, ma anche un centro per la ricerca medica e la formazione; ha contribuito a numerosi studi, nazionali e internazionali, ed è stato fondamentale nella lotta contro le epidemie che si sono susseguite.

Un eroe silenzioso che ha grandemente contribuito a far diventare il Lacor prezioso riferimento per milioni di persone.

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