Janet, un master e tanto entusiasmo
Quanta energia in questa giovane donna così minuta.
Janet Adong è stata una colonna portante dell’Unità di Covid durante la pandemia; è colei che ha sostenuto Fratel Elio, amatissimo missionario comboniano, durante la malattia; è l’infermiera fidata a cui i direttori si rivolgono in casi speciali. Forte e instancabile, precisa ed empatica. Grazie ad una generosa borsa di studio, sostenuta da un donatore della Fondazione Corti, Janet ha appena concluso un master in terapia intensiva infermieristica presso l’Università di Mbarara. E oggi è tornata al Lacor per restituire alla sua comunità quanto appreso.
La sua storia è molto simile a quella di tante giovani donne ugandesi. Un’infanzia difficile, con poche risorse e tante responsabilità. La perdita precoce della mamma fa nascere in lei il desiderio di diventare un’operatrice sanitaria. “Se avessi avuto più conoscenze mediche”, confida, “forse avrei potuto salvarla”.
È la primogenita, deve occuparsi di fratelli e sorelle più piccoli, ma la determinazione non la abbandona. Prima la laurea in scienze infermieristiche con tirocinio al Lacor e poi il master.
L’interesse per la terapia intensiva nasce proprio nell’Unità intensiva del Lacor, una delle poche presenti in Uganda. Ogni anno l’ospedale individua particolari esigenze formative ed è possibile candidarsi per ottenere borse di studio. Così Janet ha l’opportunità di perfezionare la sua formazione grazie al supporto di un donatore di Fondazione Corti.
Durante i due anni di percorso si appassiona alla ricerca finalizzata a migliorare le condizioni della sua comunità, ma anche all’insegnamento.
Ora Janet è tornata al Lacor, dove lavora in terapia intensiva; in ottobre concluderà gli studi presentando una ricerca di tesi sulla gastroschisi, una malformazione genetica.
“Mentre facevo il mio tirocinio nella terapia intensiva del Lacor mi sono resa conto che questa malformazione è molto frequente, ha una mortalità altissima (fino al 100% in Uganda contro il 5% nei Paesi Occidentali, ndr.) e che spesso le mamme di questi bambini sono molto giovani”, spiega. Di qui l’interesse per capirne di più. “Mi sono chiesta se fosse possibile trovare dei fattori di rischio per mettere poi in atto programmi di prevenzione nelle comunità”, aggiunge. Tra quelli individuati c’è l’età della mamma, spesso neanche ventenne, la carenza di ferro, gli scarsi controlli prenatali. “Per ridurre la diffusione di questa malformazione e la mortalità di questi neonati sarebbe importante potenziare le attività di educazione sul territorio illustrando i comportamenti a rischio e formare il personale dei centri sanitari perché sappia intervenire tempestivamente”, spiega Janet e aggiunge: “la mia specializzazione in terapia intensiva può essere d’aiuto in questo”.
Assistenza specializzata, formazione alle altre infermiere, raccolta dati per ricerche, sensibilizzazione nelle comunità: Janet ha le idee chiare e tanto entusiasmo. Ma anche gratitudine.
“Ringrazio il Lacor, la Fondazione Corti e il mio sponsor per il sostegno ricevuto, l’opportunità di tornare a studiare per perfezionarmi e contribuire a un futuro migliore per la mia comunità”.
Conclude così questa giovane donna minuta e piena di energia e torna, instancabile, a servire la sua gente.