Il Covid-19 è arrivato al Lacor
Non poteva andare diversamente. L’Uganda ha resistito, con numeri di positivi al Covid-19 decisamente più bassi rispetto ai paesi accanto e insieme all’Uganda ha resistito il Lacor.
Ad oggi c’erano stati solo casi sospetti che, se confermati positivi, venivano inviati nel vicino ospedale governativo, il Gulu Regional Referral Hospital (GRRH). Questa infatti, la scelta del Ministero della Salute ugandese.
E poi è arrivato, ha varcato i cancelli del Lacor, incurante di tutte le protezioni e le misure messe in atto da febbraio scorso. La prima persona deceduta per Covid-19, che chiameremo Oceng Robert, era un autista. E’ giunto al Lacor in condizioni molto gravi una decina di giorni fa, ma prima di scrivervi abbiamo aspettato esiti e conferme ufficiali. Quando si è presentato in ospedale, Oceng tossiva, faceva fatica a respirare e soffriva di ipertensione. Dopo averlo visitato, gli operatori sanitari che l’hanno accolto l’hanno trasferito nell’Unità di Terapia Intensiva (ICU) dove è stato accudito dalle infermiere e assistito dal figlio e dalla moglie. L’ICU del Lacor, con i suoi dieci posti dedicati al Covid ed il sistema di produzione e distribuzione dell’ossigeno al letto del paziente, è unica nel suo genere in Nord Uganda.
Oceng è morto il giorno dopo il suo arrivo, per lui non c’è stato nulla da fare. “Tutti coloro che sono stati in contatto con lui erano ben protetti dai dispositivi di protezione personale”, assicura l’infermiera Janet Adong, responsabile della Covid-19 ICU. E tutti sono poi risultati negativi al tampone.
Ma se al Lacor cominciano ad arrivare i primi casi, com’è la situazione in Uganda? Tanti di voi, che ci seguono con affetto e apprensione, ci chiedono notizie. E di questa vicinanza vi siamo davvero grati. Ecco allora un aggiornamento.
Il 24 settembre i casi confermati erano 7.064 con 70 morti e una media di circa 200 nuovi casi in più al giorno. A fronte di un numero di tamponi che varia dai 2.000 ai 3.000.
Domenica scorsa il presidente Museveni ha nuovamente parlato alla nazione per rinnovare alcune misure restrittive e allentarne altre.
Le scuole, cardine del futuro del Paese, rimangono al momento chiuse. Al via a metà ottobre solo le classi finali, quelle che hanno gli esami, sia per la scuola primaria, che la secondaria e le Università.
Continua il coprifuoco, dalle 9 di sera alle sei di mattina, ma i boda boda, i trasporti locali indispensabili per coprire lunghe distanze, per esempio raggiungere il Lacor da un villaggio remoto, devono fermarsi alle sei del pomeriggio. Ancora chiusi anche i mercati ambulanti.
Intanto, nell’area di Gulu, dove sorge il Lacor, sono stati registrati 733 casi positivi e 428 di loro sono ricoverati.
Tra il personale del Lacor sono otto in tutto le persone risultate positive fino ad oggi. Per fortuna stanno tutti bene. Nel momento in cui vi scriviamo ci sono due dipendenti dell’ospedale ricoverati presso l’Unità di trattamento Covid del GRRH.
Il Lacor rimane in allerta, pronto ad accogliere nella sua terapia intensiva i pazienti più gravi e quelli che l’ospedale governativo, ormai saturo, non potrà ricevere. “I limitati posti rimasti al GRRH costituiscono la sfida attuale”, ha riferito il dottor Alfred Okello, specialista in Sanità Pubblica del Lacor. “Il personale è sempre più attento nell’osservare le precauzioni, indossare mascherine e lavarsi spesso le mani. Ma mantenere la distanza sociale è ancora un problema”, confida.
Non solo: gli ultimi dati riportati dal direttore istituzionale dr. Martin Ogwang parlano di un aumento consistente dei casi di polmonite al Lacor. Si aspetta l’esito dei tamponi, che ormai si fanno attendere a lungo.
I corsi di formazione, le simulazioni e l’educazione sanitaria non si sono mai fermati. E lo stesso vale per i rifornimenti di dispositivi di protezione e per i farmaci che devono costituire un presidio per tutte le malattie che, incuranti dell’allarme Covid, continuano a mietere vittime.
Il Lacor ha affrontato numerose epidemie nel corso della sua storia: dall’HIV alla meningite all’Ebola. Ora fronteggia il Covid-19.
“Se sei convinto di ciò che stai facendo, se ci credi davvero, allora rimani”, aveva dichiarato mia mamma Lucille a chi le chiedeva di lasciare l’ospedale negli anni più bui della guerra civile.
Forti del vostro sostegno, anche noi rimaniamo saldi e guardiamo avanti.
Grati per ogni vostro aiuto.
Con affetto,
Dominique Atim Corti