Auguri Atim, auguri a tutte le mamme
“Buongiorno dottore, mi chiamo Atim, ti ho portato il mio bambino, puoi aiutarmi? Si chiama Obalo, ha cinque anni: ha la tosse da una settimana e non passa… scotta per la febbre e piange tanto.
L’ho portato subito; certo ho dovuto cercare un po’ di soldi, perché questa notte dovrò fermarmi a dormire qui. Mi sono alzata presto stamattina per arrivare in ospedale. Non potevo partire prima che si alzasse il sole, con il buio è pericoloso. E non ho trovato nessuno del villaggio che mi desse un passaggio.
Sì, abito lontano: ho camminato dall’alba fino ad adesso che il sole è a picco e non riuscirò a tornare a casa prima del buio. Per favore, dottore, visita il mio bambino.
Sù, Obalo, fatti vedere, non piangere, il dottore ti curerà.
No, non preoccuparti, dottore, per questo bambino che ho sulla schiena; Matthew non pesa tanto, però piange sempre; gli davo il mio latte, ma quando sono rimasta incinta di nuovo il latte è andato via. E Matthew non cresce più tanto bene e si lamenta sempre.
Sì dottore, aspetto un altro bambino. Il mio tempo verrà fra quattro lune. Quanti bambini ho? Matthew e Obalo, poi a casa c’è Mary, lei è grande, ha vent’anni, e poi ci sono Michael che ne ha 13 e Jackie di 10.
Ma perché mi chiedi queste cose, dottore; ora che hai visitato Obalo non puoi dargli una medicina così guarisce? Perché vuoi vedere anche Matthew? Lui si lamenta solo un po’, non sta male…
Vuoi le carte delle vaccinazioni? Lo so dottore che i bambini vanno vaccinati, so anche che dovrò venire in ospedale quando partorirò la prossima volta, perché potrei morire. Nel mio villaggio è già successo, sono morte delle mie amiche. Una aveva partorito una bellissima bambina dopo cinque maschietti, ma poi la placenta non è uscita e lei ha continuato a perdere sangue; la sua forza se ne è andata insieme al sangue ed è morta.
Ci hanno detto che se fosse andata in ospedale si sarebbe salvata.
Sai dottore, a me i bambini piacciono, ma sono vecchia, se ne avessi avuti un po’ meno non sarei così stanca. Ne ho cinque, ma ne ho avuti di più: uno è morto dentro la mia pancia. Altre tre volte la gravidanza si è rovinata da sola, avevo preso la malaria. Un’altra volta ho partorito mentre l’altro succhiava ancora il latte da me, ed è successo come con Matthew, l’ultimo nato è diventato magrissimo e poi è morto. Mi è dispiaciuto, ma non potevo pensarci, avevo l’altro da allattare.
Per favore puoi aiutare me e i miei bambini, così possiamo tornare a casa? Vedi, dottore, se io non torno a casa nessuno si occuperà dei miei bambini”.*
* da uno scritto della ginecologa Patrizia Morganti
Ogni anno in Uganda muoiono 336 neomamme ogni centomila bimbi nati: un numero spaventoso. Muoiono spesso per complicanze del parto ed emorragie, che in molti casi si sarebbero potute risolvere se fossero arrivate prima in ospedale. La mancanza di strutture vicine di trasporti e di strade agibili, possono essere fatali.
Il Lacor continua a incoraggiare le donne a farsi seguire in ospedale e chiede ai leader delle comunità e al personale sanitario della regione di inviare le donne al più presto.
Al Lacor e nei suoi tre centri sanitari periferici lo scorso anno sono state effettuate quasi 30 mila visite prenatali e sono nati 8 mila bambini di cui un terzo a Pabbo, Opit e Amuru, le strutture sanitarie satellite del Lacor più vicine ai villaggi e alle comunità.
L’elevato numero di cesarei, 1.710, è dovuto al fatto che molti centri sanitari del distretto inviano al Lacor i casi più complicati.
Per coprire i costi delle visite prenatali e di un parto naturale servono 70 Euro ; 130 Euro se è necessario un cesareo.
Aiuta le mamme del Lacor a partorire in sicurezza