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16 Gennaio 2018

Ricordando Lucille

lucille e Domi modificataC’è un ricordo nella memoria di Dominique Corti, forse il primo, di sua mamma che le legge un libro per bambini in francese, uno dei molti che arrivavano dalle zie di Montréal. E ci pare di vederla, questa bella giovane donna che, smesso il camice che indossava per ore e ore ogni giorno, con dolcezza punta il dito sulle illustrazioni colorate, mostrandole alla figlia.

Lucille Teasdale era così, concentrata e completamente dedicata ogni cosa facesse, dalla più complicata operazione chirurgica alla lettura di un libro alla sua piccola Dominique.

Nata il 30 gennaio 1929, la sorella Lise ricorda che voleva fare il medico fin da quando, appena dodicenne, aveva incontrato una suora missionaria in Cina. Da quell’incontro nasce il desiderio di “fare il medico nelle Indie”. “Nei nostri giochi di bambine lei era la dottoressa e le nostre bambole i malati”, ricorda ancora Lise.  “La medicina non è una professione, ma una vocazione. Se la scegli, perché non farlo non per chi ne ha più bisogno?” ha affermato Lucille Teasdale  in un’intervista.

Di lei colpiva la determinazione, la fermezza, la precisione. “Aveva una formazione molto anglosassone”, ricorda Dominique Corti, “le linee guida erano il suo pane: rigore,  ma tanto studio. La ricordo ancora sui libri di chirurgia prima di operazioni più complicate. In fondo aveva studiato come chirurgo pediatrico e si è ritrovata a essere, agli inizi o in tempo di guerra, unico chirurgo specialista di gran parte del Nord Uganda.

Un chirurgo, anzi una chirurga, andrebbe detto con orgoglio. Che ha fortemente lottato per diventarlo contro i pregiudizi di coloro che, negli anni ’60, osteggiavano una chirurgia al femminile. “Mamma mi raccontava che, mentre si stava iscrivendo a chirurgia pediatrica, in molti le avevano detto che nessuno avrebbe fatto operare il proprio figlio da una donna”, ricorda Dominique.

E questa donna minuta, che aveva sempre una caramella in tasca per i bambini e un’attenzione per gli anziani, ha messo per tutta la sua vita il paziente al centro. Una filosofia che oggi riempie trattati e che lei incarnava già cinquant’anni fa. A tutte le persone che oggi costituiscono l’ospedale Lacor e alla Fondazione nata per sostenerlo, spetta il compito di alimentare questa fiamma.

A quasi novant’anni dalla sua nascita, la sfida è che il messaggio di Lucille riesca ancora a vivere. La dedizione verso i più vulnerabili rimane il motivo dell’esistenza di questo luogo di cure che ogni anno attrae e accoglie centinaia di migliaia di persone. Riflette Dominique: “in un ospedale più che raddoppiato in termini di dimensioni, personale e pazienti e in un contesto profondamente mutato, non è semplice mantenere vivo lo spirito che animava i miei genitori. E’ proprio questa la sfida al centro del nuovo Piano Strategico che si sforza di trovare nuove strade”.

Anche se Lucille non è più fisicamente tra loro, ha lasciato un segno indelebile in ogni persona che ha formato, curato e operato.

E capita ancora oggi talvolta, nei cortili, sentire le donne più anziane cantare il suo nome.

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